AIC risponde ad alcune critiche

Don Aldo Bertinetti risponde all’analisi pubblicata nel 2009 con il titolo “Castorismo: Analisi Critica” da Gino Lucrezi come di seguito:

Premessa: l’autore chiede all’AIC “una risposta sostanziale e non solo ‘difensiva’”. A parte   che questa stessa richiesta potrebbe suonare “leggermente” offensiva…, tenteremo di agire così, anche se – ci sia permesso – il tono del documento è abbastanza polemico, e quindi si sarebbe tentati di rispondere “leggi meglio, informati meglio”… A questo proposito, l’autore si vanta di avere “una certa passione per la dimensione internazionale dello scoutismo”, e pertanto “di [aver] avuto modo di vedere diverse realtà all’opera, in vari paesi”. Ci auguriamo che non presuma di essere il solo: senza elencare i numerosissimi contatti e partecipazioni internazionali avuti da qualcuno di noi, ci basti ricordare che la proposta del Castorismo in Italia nasce proprio da una lunga e approfondita serie di questi contatti (avvenuti anche in riferimento alle altre branche, ben inteso).

1 – L’affermazione più grave, e che stupisce in un testo che vuole avere (e certamente ha anche) una certa serietà, è quella verso la fine: “qualora vi sia una tale necessità di scautismo per i bambini e le bambine sotto gli otto anni, questa può anche essere soddisfatta abbassando leggermente l’età di ingresso in branca L/C”. Se si tratta solo di abbassare ai 7 anni (come molte volte capitato nel passato), la cosa non è sconvolgente, ma è ovvio che non tocca i 5-6 enni. Se invece tale abbassamento fosse più radicale, si dimostrerebbe di non aver capito nulla in tema di psicologia e pedagogia dei bambini. Anni di capi scout di molti paesi, seri educatori (taluni anche molto preparati da un punto di vista professionale) hanno scelto di “creare una nuova branca” per i meno-8 proprio con la consapevolezza che tale fascia di età ha delle particolarità tutte sue e che per essa il metodo di Branco/Cerchio non è ancora adatto. Anche al di là del Castorismo, si legga qualche libro scientifico su questa età, per convincersene… Esistono tesi, pubblicazioni, ecc. al riguardo ed è proprio di questi tempi la richiesta di una riflessione (proprio sull’applicazione dello scoutismo a questi più piccoli) venuta dal Dipartimento di Scienze dell’Educazione di Bologna…

L’affermazione poi potrebbe diventare scandalosa se la si assumesse come principio più generale: potrebbe per esempio voler dire che, qualora non si fosse in grado di gestire una branca L/C, basterebbe ammettere in reparto anche i bambini delle elementari!

Insomma, se si vuole fare scoutismo coi bambini di 5-7 anni, è necessario creare una metodologia apposita, DIVERSA da quella L/C, anche se ovviamente “mantenendo coerenza con quella della branca successiva”. Proprio come avvenne (e l’autore lo ricorda molto bene) con B.P. per la creazione verso il basso dei Lupetti e poi, verso l’alto, dei Rovers. Naturalmente nessuno di noi presume di avere il “genio” di B.P., ma crediamo che lui non sia poi così scontento se si cerca di imitarlo.

2 – E’ divertente la battuta che “non si chiede mai all’oste se il vino è buono”, ma se non lo si assaggia, non si potrà mai sapere se l’oste conta storie o se il vino è davvero buono. Analogamente non è scandaloso sentire le Associazioni che hanno da anni il Castorismo (e che l’autore confessa che “si dichiarano entusiaste”, e non è poco). A chi bisogna chiedere il parere, a chi sta in poltrona giudicando le cose solo teoricamente? E’ altrettanto giusto “sentire anche le associazioni che hanno scelto di NON creare” il Castorismo: ma le loro motivazioni (da prendere certamente in serio esame, anche proprio dall’Agesci) non possono che riguardare solo il problema (tutt’altro che banale, certo) se ci sia un’opportunità “politica” (nel senso associativo, ovviamente) di aprire questa quarta branca. Esse infatti non possono giudicare NEL MERITO una cosa che non hanno sperimentato. E non ci consta che alcuna associazione che ha adottato il Castorismo, l’abbia successivamente chiuso ritenendo non valido, o addirittura nocivo il metodo. La stessa cosa (preghiamo di verificare) vale per quei gruppi italiani che, dopo aver avuto per qualche anno una Colonia, l’hanno poi dovuta chiudere: NON E’ MAI STATO per risultati negativi del metodo, ma sempre e solo per motivi contingenti di gruppo. E si sa che, giustamente, quando si deve ridurre, si inizia dal fondo… (Quindi è un’ennesima accusa infondata che “non si è indagato sui motivi di queste interruzioni”!). Altrimenti la cosa, di nuovo, dovrebbe valere anche per i gruppi che hanno dovuto chiudere Branchi/Cerchi: o era perché avevano rilevato che il metodo L/C era fasullo?

3 – Ci sono alcune imprecisioni, che vogliamo credere siano dovute solo a poca informazione:

– L’AIC non ha colonie aperte con “altre associazioni” (a parte un caso dove la colonia è gestita da membri del MASCI, ma con stretto rapporto con la Co.Ca. interessata). Ci sono stati alcuni casi (rarissimi e bene valutati) di Colonie sganciate da gruppo specifici, per diversi motivi (prendevano bambini che si riferivano a gruppi AGESCI diversi, il Gruppo – pur approvando la cosa – non si sentiva ancora di gestirla direttamente – cioè un po’ come è avvenuto finora in generale con la stessa Agesci….). Ma – lo ripetiamo – sono stati casi rarissimi e ben valutati sotto il controllo diretto dei responsabili nazionali. In tutti gli altri casi si è sempre richiesto che la Colonia FOSSE INSERITA ORGANICAMENTE NEL PROGETTO EDUCATIVO DEL GRUPPO, che i CAPI PARTECIPASSERO ALLA CO.CA., ecc. ecc. (Vedere con quale rigidità si applica tutto ciò per l’apertura di nuove colonie, in sinergia con i responsabili Agesci di Zona e Regione, che devono anche proprio garantire che “non si aprano nuove colonie anche dove le altre branche sono in crisi”: ecco un altro giudizio assolutamente falso!). E’ prevista la possibilità di una presenza nello staff di persone, definite “collaboratori” e senza responsabilità educative in proprio, che si affiancano per aiutare la gestione concreta dei bimbi in alcune occasioni: e a queste (è vero) non è sempre richiesta la partecipazione alla Co.Ca. Ma comunque sempre d’accordo con la Co.Ca. stessa.

– E’ vero che ci sono altre realtà di Castorismo in Italia, ma la nostra è l’unica che fa riferimento chiaro (anche e soprattutto nei principi ideali e metodologici) all’AGESCI. Brutto, per un documento serio, il termine “sembrerebbe” riferito al fatto che “il numero dei castorini nella FederScout sia paragonabile a quello dell’AIC!”. Numeri certi per favore… Ma, comunque, e se anche fosse?… A noi interessa l’AIC proprio perché per scelta, sua e dei Consigli Generali passati, è – ripetiamo – l’unica che fa riferimento esplicito ed esclusivo all’AGESCI.

– Ci pare strano lo scandalo che in Italia si sia conservato l’ambiente dei castori, e non ci pare che tale animaletti siano meno conosciuti dai nostri bambini dei lupi (forse sulla Sila…). D’altra parte non ci sembra che il racconto Giungla (che amiamo moltissimo) sia poi così ri-acculturato nell’ambiente italiano… In ogni caso l’adattamento alla realtà italiana è attentamente avvenuto (basta confrontare il nostro regolamento metodologico con quello ad esempio canadese…), in cose ben più sostanziali. Comunque le fonti dell’autore devono essere almeno parzialmente diverse dalle nostre: da noi in effetti ci sono i “Keeo”, ma mai sentito parlare di “Doc”…

4 – Ci appare veramente pretestuosa l’ipotesi (con ampi grafici) che il Castorismo finisca di mandare in crisi le branche superiori e che infantilizzi un’associazione. Prima di tutto, per quanto riguarda la crisi in età adolescenziale (che tocca tutte le realtà giovanili, e non solo lo scautismo) rimandiamo a leggere uno dei numerosissimi studi pubblicati da eminenti sociologi. Sulla tenuta dei castorini nelle branche superiori, a Jambville (Parigi), nel seminario europeo sul Castorismo del 1992, fu presentata una approfondita ricerca fatta dalle associazioni che avevano iniziato da anni tale branca, che dimostrò che, anzi, gli ex-castorini tenevano benissimo negli anni, tanto che sorse il dubbio inverso: forse che non li si plagiava già troppo da piccoli???!!! Anche la nostra piccola esperienza dimostra il contrario: le Co.Ca. dei gruppi che hanno per primi iniziato da noi sono piene di ex-castorini.

5 – In ogni caso:

– l’eventuale apertura della branca castorini non avviene per incrementare il numero dei soci, ma – speriamo – per motivi ben più seri;

– siamo tutti d’accordo che bisogna puntare fortemente sui Rovers, ma non vediamo perché le due cose debbano essere messe in antitesi. Si dirà che le forze sono quelle che sono. Bene: ma il discorso allora è di nuovo prettamente politico (sempre nel senso associativo), e non di merito. Però ci sia permessa ancora una battuta: la vocazione originaria dello scautismo non è primariamente quella di trasformarsi in un movimento giovanile, ma quella educativa: in questo senso, se si sente la necessità di un intervento nelle fasce minori, ben venga. Certo dev’essere un intervento seriamente educativo, e non semplicemente di “parcheggio” come sovente richiesto (anche per il branco/cerchio) dai genitori: si vuole dubitare di questa nostra intenzione?

6 – Precisiamo che il WOSM non ha mai fatto alcuna spinta verso il Castorismo, soprattutto perché, come disse Laslo Nagy (un altro segretario generale) sempre a Jambville, dichiarandosi personalmente favorevole a questa branca, non è compito di questo organismo prendere queste decisioni, ma eventualmente, dietro esplicita richiesta, ratificare o meno le scelte fatte dalle varie associazioni. E in questo senso egli ricordò che in pratica il Wosm aveva già accettato di fatto questo bambini come membri effettivi dello scoutismo recependone il censimento (e le relative quote- parte) dalle associazioni che li avevano.

Invece ci dispiace dover ribadire che tale posizione di “spinta” fu davvero assunta dalla Conferenza Europea nel 1992. Poi è vero che non ci furono più dichiarazioni, ma non ci consta che ci siano state neppure smentite.

7 – E’ lecito dubitare che anche per noi il Capo sia “innanzitutto un educatore, e solo in seconda battuta un ‘tecnico della branca’” e che la Formazione Capi sia “un punto qualificante”? In base a quale riscontro si può affermare queste cose? E’ vero che finora la formazione capi specifica (cioè per gestione concreta di una Colonia) è stata un po’ un “fai da te” da parte nostra, ma non si poteva fare altrimenti… E’ da anni comunque che si sta parlando con l’Agesci per regolarizzare la cosa. In ogni caso noi abbiamo sempre insistito (con risultati diversi, come peraltro anche in tutta l’Agesci…) che i nostri capi avessero la piena formazione AGESCI (e i brevettati sono la grande maggioranza). A proposito poi di coinvolgimento di adulti: crediamo che all’autore sia scappato un pezzo dove parla di “adulti di provenienza associativa”. Deve aver dimenticato l’EXTRA. Infatti uno dei punti che riteniamo di nostro merito è proprio quello di essere riusciti molte volte in questi anni a coinvolgere adulti di provenienza esterna, che però dopo sono rimasti nell’Agesci, formandosi e ricoprendo incarichi in tutte le altre branche (informarsi per sapere).

8 – Ci pare un po’ pretestuosa la citazione del gruppo Busto Arsizio 3, ben conosciuto dalla sua zona e regione come un gruppo decisamente anomalo. Perché non guardare ad altri gruppi, anche di soda e storica consistenza nell’Agesci?

9 – E’ vero che per anni il nostro materiale sul Castorismo è stato “riservato”, ma mai segreto… La riserva era dovuta al fatto, che non avendo la possibilità di controllo su quello che poteva avvenire, volevamo evitare che capitasse (come comunque capitò alcune volte) che alcuni gruppi partissero con una sperimentazione selvaggia, senza accettare nessun confronto. Ma tale materiale è da tempo disponibile per chi lo richieda, dando la garanzia di usarlo “con correttezza”.

10 – Assolutamente in linea con quanto pensa l’Agesci, anche noi proponiamo “un percorso educativo continuo”: basti vedere come ci si è preoccupati di riscrivere il regolamento metodologico visto in continuità con le altre Branche. Anche per noi l’ideale è che il castorino arrivi alla Partenza… Ma rimane sempre vero (come anche per le altre branche) che si spera che chi abbandona prima abbia comunque ricevuto qualcosa per la sua vita (e l’incontrare dopo anni chi ha fatto il lupetto e poi se ne andato, ma dimostra di ricordarsi l’esperienza con molta gioia e forza, ne sono la conferma). Altrimenti per tutte le branche la porzione di fallimento sarebbe ben superiore a quella della riuscita (se dovessero cioè contare SOLO quelli arrivati fino alla fine).

11 – Infine l’ipotesi a cui si sta lavorando Agesci ed Aic insieme vuole proprio escludere “una decisione senza ritorno”, in modo che “se, per ipotesi, l’Agesci dovesse farlo e poi constatare dei problemi”, si possa comunque fare marcia indietro (purché naturalmente con senso di responsabilità, che ci dispiace veder messo in dubbio, sia per noi che per i massimi organismi Agesci…).

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